Come ti cucino il virus

Lo fecero il Boccaccio con il Decameron, Manzoni con i Promessi Sposi, Camus con La Peste. Sarà stata la grande quantità di tempo libero a disposizione ma, in un incontrollato raptus di onnipotenza, durante la recente quarantena ho pensato di poterlo fare anche io: raccontarvi una storia per esorcizzare la paura. Questo però non è un romanzo e non è neanche una novella. È un viaggio tra le incertezze, gli stati d’animo, le insidie di un periodo che resterà impresso per sempre nella nostra memoria come quel tempo sospeso che confondeva i pensieri e costringeva a fermarsi. Se poi la natura non ti dona neanche competenze informatiche o qualità culinarie considerevoli, “il confinamento” può diventare una faccenda ancora più spinosa, come nel mio caso. Per fortuna esistono gli amici. Quelli che mi hanno fatto compagnia con un susseguirsi di foto invitanti, in un trionfo di pagnotte appena sfornate, di maltagliati ben tagliati, di gare tra impasti, di proposte di ricchi banchetti post pandemici. Perché il cibo, più di ogni altra cosa, è condivisione, è amore, è amicizia. È un sorriso inaspettato da parte di chi amiamo. Il racconto del mio lockdown, e il conseguente resoconto del mio post lockdown, fanno da sfondo all’idea centrale di un ricettario “corale”, una fratellanza culinaria scoppiata sui social e sulle chat, dove amici e parenti mi hanno raccontato le loro storie attraverso le ricette preferite, in una presa di coscienza collettiva di quanto sia importante dare e ricevere messaggi attraverso il cibo anche restando lontani.